In un’epoca in cui i pittori prediligevano i temi religiosi e mitologici, Pieter Bruegel il Vecchio costituisce una figura difficile da classificare. Nessun altro artista prima di lui aveva incentrato la sua opera sulla grandezza del paesaggio e sulla vita quotidiana dei contadini.
I suoi detrattori lo consideravano poco raffinato, e arrivarono a soprannominarlo con disprezzo “Bruegel il contadino”. Tuttavia aveva anche molti ammiratori e amici – accademici, umanisti e facoltosi uomini d’affari – che apprezzavano il suo lavoro e collezionavano le sue opere.
Le informazioni sulla sua vita sono lacunose. Nacque a Breda (ducato di Brabante, nell’attuale Belgio) tra il 1524 e il 1530, si formò come pittore ad Anversa e, dopo aver ottenuto il titolo di maestro, fece un viaggio in Italia. Al ritorno si stabilì nuovamente ad Anversa, per poi trasferirsi nel 1562 a Bruxelles, dove si sposò e lavorò fino alla morte.
Non ci sono notizie precise sulla sua personalità e neppure sulle sue credenze religiose e politiche, un aspetto importante in un periodo in cui i Paesi Bassi vivevano una grande agitazione per il diffondersi delle idee protestanti e l’inasprirsi dei rapporti con Filippo II di Spagna, sovrano del Paese. Forse fu proprio questo clima teso che spinse Bruegel a rifugiarsi nell’evocazione del paesaggio e della semplice vita contadina.
Bruegel non ritrasse la vita campestre in situ, ma compose queste scene nel suo studio, basandosi sui numerosi bozzetti fatti nel corso dei suoi viaggi in Italia e tra i paesini delle Fiandre. Sebbene non siano una rappresentazione fedele della realtà, i suoi quadri illustrano il «teatro del mondo», che l’artista conobbe di persona e cercò di dipingere in modo oggettivo e scevro da sentimentalismi. Le descrizioni di Bruegel dei rituali del mondo contadino, come il lavoro nei campi, la caccia, le feste, i giochi e le danze, sono vivide e indimenticabili. La sua opera offre la possibilità unica di osservare una cultura popolare oggi scomparsa.