Per molto tempo la balena è stata un animale avvolto nel mistero. Nell’antichità greci e romani osservavano le balenottere e i capodogli transitare nelle acque del Mediterraneo e s’interrogavano sulla natura di quegli strani esseri sottomarini, capaci di emergere improvvisamente in tutta la loro mole di fronte a una nave o alla costa.
Squartamento di una balena in un'incisione del XVI secolo
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Nel IV secolo a.C. Aristotele notò che le balene salivano in superficie per respirare e allattavano i piccoli; ne dedusse quindi che erano mammiferi e non pesci. Dal canto suo, nella Naturalis Historia Plinio il Vecchio le descrive come «enormi pesci che emergono dal mare simili a colonne o pilastri, superando le vele di una nave, ed espellono verso l’alto un getto di acqua come se fossero dei tubi». In realtà quest’ultima è una prerogativa esclusiva dei capodogli.
Giona nel ventre della balena
Gli ebrei non avevano alcuna conoscenza diretta delle balene, ma nella Bibbia ci sono varie storie di mostri marini. Una è quella di Leviatano, un serpente acquatico a più teste che vive nelle profondità dell’oceano e viene ucciso da Dio per sfamare il suo popolo eletto. «Al solo vederlo uno stramazza», si legge nel Libro di Giobbe. Dalla sua bocca partono vampate,sprizzano scintille di fuoco [...] Quando si alza, si spaventano i forti e per il terrore restano smarriti [...] Dietro a sé produce una bianca scia e l’abisso appare canuto. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le fiere più superbe», continua il racconto.
Giona inghiottito da un mostro marino. Bassorilievo della fine del XII secolo. Museo di Capodimonte
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Un’altra delle storie è quella del gran pesce che inghiottì Giona dopo che i suoi compagni lo avevano buttato in mare durante un viaggio in nave. Dopo tre giorni, il profeta fu rigettato dall’animale sulla spiaggia per ordine di Dio. Nel suo Vangelo, Matteo riprende l’episodio identificandolo con una prefigurazione della Resurrezione di Cristo.
Nel Medioevo i protagonisti di queste storie bibliche furono identificati con le balene, che erano viste come creature terribili e demoniache. Nei bestiari e nelle carte nautiche la balena veniva rappresentata come un essere mostruoso, munito di due enormi fauci e accompagnato da esseri altrettanto immaginari come le sirene, i tritoni o i draghi marini. Sempre minacciosa, la balena attaccava e tentava di affondare le navi che invadevano il suo territorio. Nel suo Historia de gentibus septentrionalibus (1555) l’arcivescovo svedese Olaus Magnus parla di una balenottera con la testa coronata di lance spinose e con il muso seghettato che affonda una nave mercantile.
Isole di sabbia
La visione poetica delle balene ha dato origine a svariate leggende, una più fantasiosa e assurda dell’altra. Un manoscritto medievale del XV secolo racconta: «Nell’oceano Indiano ci sono balene così grandi che sembrano isole. A volte, a causa della terra che contengono, sulla loro schiena crescono delle piante. E gli uomini che attraversano il mare si confondono e sbarcano sulle balene. Quando sentono un movimento sulle loro spalle, queste s’immergono rapidamente in profondità, e così quegli uomini annegano». Gli autori medievali comparavano questi stratagemmi a quelli usati da Satana per attirare gli uomini negli abissi infernali. Tramandate di bocca in bocca da marinai creduloni, queste descrizioni finirono per influenzare gli umanisti e gli scienziati del Rinascimento europeo.
Balena rappresentata come un mostro con zanne e artigli e due orifizi tramite i quali espelle acqua. Illustrazione di una mappa del XVI secolo
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È il caso del medico e scrittore François Rabelais che, durante un viaggio nel golfo di Biscaglia con il suo amico naturalista e medico Guillaume Rondelet, ebbe diversi incontri con le balene. Così descrive Rabelais questi animali: «Ci divorerà tutti, uomini e navi, come fossimo pillole. Nelle sue grandi fauci infernali non saremo nient’altro che un confetto masticato nella bocca di un asino». La paura e la superstizione non impedirono che nel Medioevo molti marinai si dedicassero alla caccia dei cetacei. A partire almeno dall’XI secolo i pescatori baschi operavano nel golfo di Biscaglia, zona di riproduzione di una varietà che di feroce aveva davvero poco: la balena franca (eubalaena glacialis), un animale docile che era solito avvicinarsi troppo alle coste, dove i marinai approfittavano per arpionarla.