Giugno 1919. Un bombardiere biplano Vickers Vimy atterra rovinosamente a Clifden, un piccolissimo centro sulla costa occidentale d’Irlanda. L’aereo è partito da St. John’s, provincia canadese del Newfoundland, coprendo 3040 chilometri in sedici ore. Ai comandi ci sono due aviatori inglesi John William Alcock e Arthur Whitten Brown. Sono i primi ad aver trasvolato l’oceano Atlantico. L’impresa è eccezionale. Comincia così una nuova epoca fatti di voli su lunga distanza dove le nazioni più avanzate si contenderanno la conquista di nuovi records. L’entusiasmo per il volo di Alcock e Brown non si è ancora spento che due biplani italiani SVA, pilotati da Arturo Ferrarin e Guido Masiero, decollano da Centocelle (Roma) e raggiungono Tokyo dopo 18mila chilometri. È il 31 maggio 1920, il primo ‘Volo Roma-Tokio’ è storia.
Ancora, aprile 1924. Quattro aerei statunitensi effettuano il primo giro del mondo in aeroplano. Volano da est a ovest coprendo ben 43mila chilometri, tutti nell’emisfero Boreale. Ma il primato americano dura poco: nel 1925 Francesco De Pinedo ed Ernesto Campanelli volano, con un piccolo idrovolante, per 55mila chilometri dall’Italia all’Australia, Giappone e ritorno. De Pinedo è convinto che viaggiare per il mondo in idrovolante sia fattibile e più conveniente rispetto a navigare per mare. L’idrovolante, infatti, può volare sopra terre e mari e atterrare in qualsiasi lago, porto o larghe foci di fiumi, cosa impossibile per un bastimento. Ed ecco che nasce così la ‘Crociera Aerea Roma-Australia-Giappone-Roma’. La rotta, con tappe nell’emisfero Australe, tocca varie regioni della terra differenti fra loro per clima e caratteristiche geografiche. È un immenso triangolo immaginario i cui vertici sono Roma, Melbourne e Tokio. De Pinedo divide il viaggio in tre parti: da Sesto Calende (Varese) a Melbourne, da Melbourne a Tokio e da Tokio a Roma. In sette mesi, 370 ore di volo e 80 scali la straordinaria impresa è compiuta.
L'idrovolante Gennariello rifornito di carburante da Campanelli (con una latta di benzina a bordo), coadiuvato dal personale dell'aeronautica australiana della base di Point Cook.
Foto: Royal Australian Air Force Point Cook, Melbourne
Jamme, jamme ‘ncoppa, jamme jà
Roma, gennaio 1925. Il comandante De Pinedo riceve dal governo l’approvazione definitiva al suo progetto di volo. I costi sono talmente alti che per ottenere il via libera deve dichiarare che lui o i suoi eredi (nel caso in cui non faccia ritorno) s'impegnano a rimborsare i costi dell’idrovolante. De Pinedo studia mappe e portolani, è preciso e accurato, prepara tutto con cura maniacale. Sceglie come velivolo l’idrovolante S.16 Ter, prodotto dalla Società Idrovolanti Alta Italia. È un biplano idrovolante monoscafo fatto di legno e tela, biposto, cabina scoperta e con motore quadripala da 300hp. Ma De Pinedo necessita di una potenza superiore per affrontare il suo viaggio a lunghissimo raggio. E siccome un motore del genere in Italia non esiste, il comandante lo ordina presso la Lorraine-Dietrich, fabbrica francese automobilistica, che ha recentemente lanciato un nuovo prototipo di motore aeronautico da 450hp. De Pinedo sceglie il maresciallo motorista Ernesto Campanelli come compagno di viaggio, co-pilota e navigatore. Campanelli è noto per essere uno dei migliori motoristi della Regia Aeronautica, ha già volato con De Pinedo durante la Prima guerra mondiale ed è stato suo motorista nel volo Roma-Amsterdam compiuto l’anno precedente. Così, il maresciallo è inviato in Francia per un mese per prendere dimestichezza col motore.
De Pinedo intanto si reca a Londra per concordare con le autorità britanniche il supporto logistico necessario durante le tappe del volo. All’epoca, infatti, diversi territori inclusi nell’itinerario del volo erano sotto la giurisdizione britannica. Il pilota firma anche contratti con la Shell Oil Company e la Wakefield, ditta produttrice dell’olio Castrol, per assicurarsi gli approvvigionamenti di carburante e lubrificante per il motore lungo tutta la rotta. Non appena l’idrovolante è allestito, De Pinedo, napoletano verace, con un pizzico di scaramanzia lo battezza Gennariello, in onore di San Gennaro patrono di Napoli. Fa poi scrivere sulle fiancate la frase Jamme, jamme ‘ncoppa, jamme jà. «Trassi la battuta dalla nota canzone partenopea Funiculì funiculà – racconterà poi lui stesso – che aveva già fatto il giro del mondo, con buona fortuna». Così, alle 5.55 del 20 aprile, all’idroscalo di Sesto Calende il motore si avvia, un veloce scambio di saluti coi presenti e il grande volo comincia: «In bocca la lupo! Arrivederci! La pioggia era scemata e partimmo».
Primo piano del motorista Ernesto Campanelli in tenuta da lavoro, qui ritratto nella base australiana di Point Cook durante il mese di sosta a Melbourne.
Foto: Royal Australian Air Force Point Cook, Melbourne
«Il volo prodigioso»
Gli aviatori italiani fanno scalo in Grecia, Medio Oriente, India, Thailandia, poi giù verso la Malesia e l’Indonesia. Pare di sfogliare un atlante, ma la realtà è che dinanzi alla prua del Gennariello ci sono oceani e continenti, tempeste, monsoni e tappe non prive di difficoltà e imprevisti, spesso risolti grazie alla perizia di De Pinedo e all’ingegno di Campanelli. Come quando il serbatoio dell’olio si dissalda e i due sono costretti a fare scalo a Chah Bahar (Iran). Il piccolo villaggio non offre molto, ma c’è una piccola stazione telegrafica che Campanelli ispeziona alla ricerca di un possibile pezzo di ricambio. Lo trova nella piccola cucina, dove agguanta una padella inseguito dal cuoco furente che rivuole indietro il suo attrezzo da lavoro. In breve Campanelli la trasforma in un manicotto per il serbatoio e il viaggio può proseguire. L’interesse per il loro volo intanto si diffonde specialmente nel continente australiano, dove la stampa locale dedica un’ampia copertura. Qui, la curiosità dell’opinione pubblica cresce col passare del tempo. Come nei remoti villaggi australiani inseriti nella rotta, dove nessuno prima di allora ha mai visto il passaggio di un aeroplano. Raggiungere l’immensa e lontana Australia rappresenta un importante risultato per l’Italia fascista in termini di prestigio nazionale. Il regime comincia a intravedere nello sviluppo tecnologico, specie aeronautico, una formidabile arma per promuovere all'estero l'immagine di un'Italia moderna e competitiva al pari di altri Paesi tecnologicamente avanzati. Nessun altro aviatore italiano è mai atterrato in quel continente. Inoltre, De Pinedo e Campanelli sono pure i primi aviatori europei che giungeranno a Melbourne per via aerea.
Quando il 31 maggio gli aviatori raggiungono l’Australia ammarando nel piccolo porto di Broome, i telegrafi battono la notizia. Il quotidiano The Mirror pubblica anche la mappa dell’itinerario che include tutti gli scali australiani, al fine di rendere il volo familiare ai propri lettori, invitando «ogni buon australiano appassionato di sport ad augurare buona fortuna agli impavidi italiani per il prosieguo della loro impresa». De Pinedo riceve anche un telegramma del Primo Ministro australiano, Lord Stanley Bruce: «Vi diamo il benvenuto nel nostro Paese e sentiamo che il vostro successo contribuirà a rafforzare l’amicizia esistente fra l’Italia e l’Australia». La sosta è breve, il volo deve proseguire per rispettare la tabella di marcia, così i due toccano rapidamente Port Hedland, Carnarvon, Perth, poi Bunbury, Port Albany, Israelite Bay, Port Eyre e Adelaide. Eppure, nonostante la brevità delle loro soste in queste località, la partecipazione degli australiani non manca. Come a Perth, la prima grande città australiana nella loro rotta, dove il 3 giugno, addirittura ore prima del loro arrivo, il rombo di motore di un altro aeroplano provoca un eccitamento collettivo perché scambiato per quello di De Pinedo. «Le teste gridarono dalle finestre delle case – riporta il quotidiano The Daily News – molta gente corse nelle strade per dare uno sguardo mentre altri impazienti di vedere l’ammaraggio raggiunsero il lungomare».
Finalmente, nel pomeriggio, gli aviatori ammarano acclamati da un’immensa folla festante in mezzo ai flash delle macchine fotografiche. La cronaca racconta pure di uno scolaro che viene visto scalare il molo e scendere in mare verso l’aeroplano per assicurarsi un autografo. L’eco dell’arrivo in Australia ha una notevole risonanza anche in Italia. La notizia entra nelle case degli italiani grazie alla copertina de La Domenica del Corriere, illustrata magistralmente dal celebre Achille Beltrami, che titola: «Il volo prodigioso. L’arrivo del comandante italiano De Pinedo a Perth in Australia». Prima di ripartire verso Bunbury, De Pinedo riceve un telegramma dal sindaco del piccolo villaggio che gli chiede di sorvolare ripetutamente il paesino perché i suoi concittadini e gli scolari non hanno mai visto un aeroplano. Così, quando il Gennariello ammara nel piccolo centro abitato, un gruppo di studenti si precipita al fiume per vedere da vicino il portentoso biplano. De Pinedo e Campanelli firmano autografi sui quaderni dei ragazzi, mentre da Adelaide giunge un nuovo telegramma, stavolta dai maestri della città. La richiesta è la stessa, sorvolare la scuola poiché i loro scolari vogliono vedere l’aeroplano e gli aviatori.
La copertina de La Domenica del Corriere del 14 giugno 1925 dipinta da Achille Beltrami per celebrare l'arrivo a Perth di De Pinedo e Campanelli.
Foto: Pubblico dominio
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«Melbourne dà il benvenuto agli intrepidi aviatori italiani»
Adelaide, 8 giugno. Ultimo scalo prima di Melbourne. La città accoglie con un incredibile entusiasmo i due aviatori. Mentre approcciano a bassa quota il punto stabilito per l’ammaraggio, De Pinedo si sporge dall’idrovolante e vede nitidamente la gente col naso all’insù. «Il traffico era stato fermato – annota sul suo diario –, la popolazione si ammassava nelle strade, negli incroci, nelle piazze: le persone erano come immobilizzate, meravigliate». Non meno di diecimila cittadini assistono all’evento. La gente si assiepa lungo i moli, sulle pietre frangiflutti e sui ponti delle navi alla fonda per vedere l’ammaraggio degli audaci aviatori italiani. Una lunga colonna di automobili, molte delle quali adornate coi colori italiani, secondo la stampa, congestiona la strada verso il porto, dove sono già parcheggiate migliaia di macchine. Finalmente l’idrovolante ammara accolto da una «tremenda ovazione della folla ammassata, i fischi dei piroscafi alla fonda e dei treni, mentre tantissimi italiani sventolavano le bandiere italiane sui moli», si legge su una cronaca dell'epoca. Il giorno successivo De Pinedo e Campanelli raggiungono finalmente Melbourne. La prima parte del volo è compiuta. È un evento straordinario, publicizzato anche dall’intensa attività del console italiano Antonio Grossardi, che nei giorni precedenti fa pubblicare numerosi annunci con la data, l’ora e il luogo dell’ammaraggio scritti sia in italiano che in inglese. Grossardi invita tutti i connazionali di Melbourne a recarsi presso il consolato per ottenere uno speciale lasciapassare per accedere ad un’area specificamente riservata loro dalle autorità australiane per assistere facilmente all’ammaraggio dell’idrovolante. Così, quando il 9 giugno De Pinedo e Campanelli giungono sulla spiaggia di Saint Kilda (sobborgo di Melbourne), ci sono almeno 20mila persone ad attenderli. «La colonia italiana sembrava in preda ad un entusiastico furore – scrive De Pinedo sul suo diario –, coloro che ci avevano seguito nel nostro viaggio con grande apprensione, finalmente potevano tirare un sospiro di sollievo».
Il The Herald esce nell’edizione della sera addirittura col titolo bilingue ‘Melbourne dà il benvenuto agli intrepidi aviatori italiani - Melbourne’s welcome to the intrepid Italian airmen’ e promette ai suoi lettori un imponente servizio fotografico nell’edizione successiva. Il molo è adornato con le bandiere inglese, australiana e italiana. La folla numerosa si assiepa sul lungomare e sulla costa, la polizia fatica a contenere le migliaia di persone che si accalcano per vedere gli aviatori. Le barriere e i cordoni di sicurezza sono in breve travolti da una massa crescente di persone festose. «I numerosi italiani assiepati sul molo – scrive un giornalista – piangono e urlano ‘Viva l’Italia!’». L’evento ha un carattere talmente straordinario che malgrado sia un giorno lavorativo, tutti i negozi di Saint Kilda sono stati appositamente chiusi. Joseph Levi, sindaco del sobborgo, accoglie i due piloti con un messaggio ufficiale: «Il popolo australiano è lieto di dare il benvenuto ai primi stranieri che giungono a Melbourne dall’Europa per le vie dell’aria». Poi De Pinedo e Campanelli sono ospiti del sindaco di Melbourne, Lord William Brunton, che in loro onore da un ricevimento ufficiale presso il municipio. È un fatto rarissimo, visto che l’ultimo del suo genere si è tenuto nel 1920 in onore della visita alla città del Principe di Galles. Anche il governo dello stato del Victoria celebra gli aviatori e la loro impresa con un banchetto d’onore. La sosta a Melbourne dura un mese, per permettere a Campanelli di riassettare tutto il motore e l’idrovolante.
De Pinedo (con in mano un mazzo di fiori) e Campanelli (in abito scuro), ascoltano il discorso del sindaco di Melbourne in loro onore. A destra, con la spada, il console italiano Antonio Grossardi
Foto: Royal Australian Air Force Point Cook, Melbourne
Celebrità dell’aria
Il successo del volo trasforma i due aviatori in una sorta di moderni ‘influencers’. Shell, Wakefield Castrol Oil, Lorrain-Dietrich e la Titanine-Emaillite (specializzata nella produzione di vernice tenditela per aerei) stampano manifesti pubblicitari raffiguranti i due piloti e l’idrovolante. Ciascuna esalta le brillanti prestazioni dei loro rispettivi prodotti. Il 16 luglio 1925 i due aviatori decollano da Melbourne alla volta di Sydney, poi Brisbane, Rockhampton, Townsville, Innisfail, Cookstown e Port Kennedy. La circumnavigazione dell’Australia è completata. Quindi il balzo verso Merauke (Nuova Guinea), dove ammarano fra le urla impaurite della tribù indigena dei Kaia-Kaia. L’effetto è sorprendente, nonostante il missionario che lì vive abbia spiegato loro dell’arrivo dell’idrovolante: «La macchina che vola! La macchina che vola! – urlano i Kaia Kaia – La macchina vola come un Dema (spirito)». Quando poi il Gennariello è ormeggiato, gli indigeni sono convinti che la strana creatura volante abbia smesso di fare rumore perché ha mangiato. Il viaggio quindi prosegue verso le Molucche, poi una sosta a Manila, dove De Piendo e Campanelli sono ospiti del senato filippino riunito in sessione straordinaria per l’occasione, e finalmente il Giappone. La seconda parte del lunghissimo volo è conclusa, dal Paese del Sol Levante comincierà il viaggio di ritorno verso Roma, dove ammarano sul fiume Tevere il 7 novembre alle tre del pomeriggio. Ad accoglierli sul Ponte di Ripetta, oltre a Mussolini, vi è «un’immensa moltitudine – ricorderà De Pinedo – che si affollava sui ponti e i parapetti come sulle scalee di un antico circo romano». Nel 1926 il loro viaggio sarà addirittura celebrato in un gioco dell’oca chiamato Il volo d’Oriente col Gennariello, con 80 caselle illustrate che ripercorreranno la rotta dell’idrovolante.
Il gioco dell'oca dedicato all'impresa del Gennariello edito nel 1926 da Il Mondo dei Piccoli, Milano.
Foto: Giochi dell’Oca e di Percorso (www.giochidelloca.it)
Per saperne di più:
Ernesto Campanelli. Vita e imprese di un trasvolatore. Alberto Cauli, Delfino Editore, 2008.
Un volo di 55.000 chilometri. Francesco De Pinedo, Idrovolante Edizioni, 2019.
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